giovedì 1 settembre 2016

QUANDO LA PIZZA NON E' DEGNA DI CHIAMARSI PIZZA

Pizza marinara ERRATA
Tendiamo a pensare che all'estero la pizza non la sappiano fare come si deve. Quando ci capita di dover assaggiare una pizza immangiabile ci lamentiamo, lo comunichiamo alla pizzeria, ma poi giustifichiamo i ristoranti perché non sono italiani. Se spieghiamo il fatto ad amici e conoscenti ci viene detto che “se vai all'estero non devi cercare specialità italiane, ma – anzi – devi gustare i piatti locali”. A quel punto, come si usa dire, ce ne facciamo una ragione, anche se ci resta l'amaro in bocca (in tutti i sensi), perché alla fine se una cosa si chiama pizza, deve essere fatta in un certo modo, altrimenti – per cortesia – non chiamatela pizza.

Ma se il fatto sopra esemplificato capita in Italia, allora è tutta un'altra cosa. Francamente, in Italia, una pizza immangiabile non dovrebbe poter essere servita. Il mestiere di pizzaiolo non può essere improvvisato. Qualche errore può essere ammesso, tutti sbagliamo, talvolta semplicemente per mancanza di esperienza. Ma una “pizza immangiabile” può definirsi come “pizza completamente errata”. E allora non va bene. Ecco il vero motivo per cui un albo dei pizzaioli professionisti è necessario: per distinguere chi sa fare la pizza, perché chi non la sa fare, può benissimo dedicarsi ad altro. Chi non sa fare la pizza, oltretutto, danneggia la categoria dei pizzaioli, rovina la reputazione di coloro che studiano, sperimentano, si impegnano nella realizzazione di un prodotto sempre migliore. Ed accettano le critiche, come spinte a migliorarsi ulteriormente.

Pizza con il salamino ERRATA

Ma veniamo al caso che – recentemente – ci è capitato, appunto, in Italia. Ci vengono servite – come da nostra richiesta - tre pizze: una marinara, una con il salamino non piccante e una vegetariana bianca. Solo guardandole (osservate anche voi le immagini), si può facilmente affermare che non si tratta di pizze. Sembra che nel forno non ci siano ancora entrate, in realtà – alla vista e al tatto – appaiono “biscottate”, ovvero talmente secche che si rompono come un vaso di terracotta. Non c'è il cornicione, ma solo rigonfiamenti bianchi e discontinui. Non si vede una sola macchia di bruciato. Provo a toccare con le dita il bordo e lo trovo talmente pieno di farina, che me ne resta parecchia sulle dita. E' segno che ne è stata usata troppa per manipolare l'impasto. Ma per valutare una pizza, non basta guardarla e toccarla, occorre mangiarla.

E così scopriamo che:
- la base della pizza è effettivamente biscottata: il bordo si frantuma, mentre l'interno è troppo sottile e duro e non si riesce a tagliare col coltello, si fa prima a spaccarla;
- nella marinara non c'è l'aglio, nemmeno in polvere;
- su una pizza il salamino non è quello piccolo che si taglia al momento, ma è quello già tagliato a fette grandi nelle confezioni del supermercato. Oltretutto dalle fette di salame non era nemmeno stata tolta la pelle;
- sulla vegetariana non c'è mozzarella, ma pasta filata, che rimane rigida come la crosta di un formaggio;
- sempre sulla vegetariana i peperoni, le zucchine e le melanzane hanno un sapore troppo acidulo, come se fossero stati estratti da poco da una confezione sott'aceto, non a caso non sembrano cotti nel forno.

Pizza vegetariana ERRATA

In questi casi è doveroso avvisare la cameriera, il pizzaiolo e il titolare del locale. E così abbiamo fatto. La cameriera ha detto che non capiva niente, perché lei non fa le pizze e può soltanto riferire al titolare. E il pizzaiolo? Ha detto che con il tempo a disposizione, i mezzi e – aggiungo io – le conoscenze, non poteva fare di meglio. Ha sostanzialmente confermato le nostre valutazioni, salvo il fatto che solo una parte delle verdure non era stata cotta in forno. Ha utilizzato un forno elettrico, già acceso dalle 18:00 (per la sera), con una temperatura di 300 °C per circa 5 minuti. L'aglio? Se lo è dimenticato. La pasta filata? Mi ha fatto vedere la confezione (molto grande) ed era proprio pasta filata. La mozzarella è un'altra cosa. Mentre parlava con me usava il mattarello – invece delle mani - per stendere l’impasto. Sulla questione ha detto che “mi danno questo impasto secco, trattabile solo con mattarello”. Insomma, pare che il pizzaiolo non abbia neanche preparato l’impasto. Si è evidentemente limitato ad assemblare – male – ingredienti preconfezionati.

Infine il titolare ha detto che “qui la pizza non si fa come a Napoli”. Inoltre “nessuno si è mai lamentato, né stranieri, né italiani”. Eppure la pizza è nata a Napoli, e come si fa a Napoli dovrebbe essere fatta – per lo meno – in tutta Italia. Gli stranieri devono conoscere la vera pizza italiana, non una cosa indegna di tale nome. Gli italiani devono saper distinguere quella che è una pizza, da ciò che è tutt'altra cosa. Alla fine, la pizza è una cosa seria e il mestiere di pizzaiolo non si improvvisa. Chi vuol fare cose diverse, le faccia pure. Ma – per cortesia – non chiamatela pizza.

Walter Caputo e Luigina Pugno
Autori del libro "La pizza al microscopio - Storia, fisica e chimica di uno dei piatti più amati e diffusi al mondo" - Gribaudo Editore, 2016

Nessun commento:

Posta un commento