domenica 13 novembre 2016

ESISTONO I 4 VELENI BIANCHI: SALE, ZUCCHERO, FARINA BIANCA E LATTE?

Tra i tanti siti pronti a puntare il dito contro un alimento, o contro gruppi di alimenti - ritenuti dannosi per la salute - ce ne sono alcuni che fanno riferimento alla "teoria" dei quattro veleni bianchi, ovvero sale, zucchero, farina bianca e latte.

Partiamo dal primo incriminato: il sale.

Storicamente l'uomo ha sempre cercato il sale. Ha scavato miniere per estrarlo (es. sale rosa dell'Himalaya), costruito saline (es. salina di Ostia o di Cervia che esiste ancora oggi) e vie per commerciarlo (via salaria). L'uomo ha seguito gli animali per scoprire dove se ne approvvigionavano, o - addirittura - ha bevuto il sangue degli animali (es. i Masai) perché altrimenti non ci sarebbe stata altra via per assumerlo.

Finché non fu possibile allungare la vita del cibo con la refrigerazione, salarlo era l'unico modo per conservarlo. Bisogna qui ricordare che le spezie non sono dei conservanti, ma dei miglioratori del sapore e servivano a coprire il saporaccio delle carni guaste.

Da queste poche informazioni possiamo quindi dedurre che i nostri nonni o bisnonni mangiassero molto più sale di noi. Un essere umano adulto contiene circa 250 gr di sale che deve reintegrare continuamente, perché si perde con le funzioni corporee. L'OMS consiglia di assumere giornalmente 5 gr di sale, che diventano 2 kg all'anno.

Un eccessivo consumo di sale può portare all'ipertensione, che a sua volta può portare a malattie cardiovascolari, renali o a negativi eventi cerebrovascolari, ma solitamente la troviamo in soggetti obesi o predisposti geneticamente.
Il sale influisce sul corretto funzionamento del metabolismo. Il sale iodato permette alla tiroide di funzionare correttamente.

La mancanza di sale può provocare gas intestinali, perdita di peso, vomito, alterazione della glicemia, palpitazioni, indebolimento, mal di testa e contrazioni muscolari.
Dobbiamo quindi ricordarci che il sale non è un alimento, perché è un minerale, ma è essenziale per la vita umana.

Passiamo al secondo incriminato: lo zucchero.

Quando parliamo di zucchero parliamo in realtà di saccarosio. I cibi che noi ingeriamo vengono convertiti in glucosio, che viene portato a tutte le cellule del nostro organismo. Pensate che solo il cervello per funzionare ha bisogno ogni giorno di almeno 100 gr di zucchero (e che, da solo, il cervello consuma il 25% dell'energia che introduciamo nel nostro corpo con il cibo).

Lo zucchero viene incriminato perché il vegetale che lo contiene (barbabietola) deve essere lavorato per poterlo ricavare. E' come se - lavorandolo - lo si intossicasse e rendesse inefficace, ed è quindi meglio preferire lo zucchero di canna. Ma anch'essa va lavorata per poter ricavare lo zucchero. Inoltre lo zucchero bianco e quello di canna hanno lo stesso indice glicemico e quindi se fa male uno, fa male anche l'altro.

Il consumo eccessivo di zucchero porta ad obesità e diabete di tipo 2, ma l'ipoglicemia provoca sintomi come: tremori, palpitazioni, confusione mentale, fame intensa, debolezza e sonnolenza.
Dobbiamo quindi ricordarci che lo zucchero è il nostro carburante e dobbiamo quindi farne un uso equilibrato.

Passiamo al terzo incriminato: la farina bianca.

La lavorazione del grano, ovvero la separazione - nel chicco - di crusca, germe ed endosperma, farebbe perdere alla farina che se ne ricava la stragrande maggioranza del suo contenuto di minerali e  vitamine. Se controlliamo le tabelle e confrontiamo cereali integrali e non, notiamo che la perdita più significativa avviene a livello delle fibre e non dei nutrienti e delle vitamine. Inoltre, tra le farine, quelle bianche ne contengono comunque significativamente di più rispetto da orzo e riso.
La perdita di fibre può tranquillamente essere compensata assumendo crusca e mangiando frutta e verdura.
Dobbiamo quindi ricordarci che non consumiamo carboidrati per il loro contenuto di vitamine, ma per l'amido.

Passiamo al quarto incriminato: il latte.

Per condannare il latte si chiama in causa l'evoluzione: l'essere umano è l'unico animale che beve latte dopo lo svezzamento e lo beve di un altro animale, tutto ciò sarebbe quindi contronatura. E' anche vero che da che mondo è mondo l'uomo alleva bovini, ovini e caprini proprio per il loro latte. Chissà perché?

E' vero che non tutta la popolazione possiede la lattasi, l'enzima che serve a scomporre il lattosio, ma questa mancanza dipende dalle zone in cui si vive. Nei paesi freddi solo il 10% della popolazione non ha questo enzima. L'evoluzione ha quindi favorito i popoli che non possono facilmente attivare la vitamina D esponendosi al sole. E' anche vero che chi non ha la lattasi non necessita di eliminare completamente i derivati del latte, perché più il latte viene lavorato, più il lattosio si perde. Quindi un formaggio stagionato conterrà molto meno lattosio di uno fresco, e quest'ultimo - a sua volta - ne conterrà meno dello yogurt. E lo yogurt contiene meno lattosio rispetto al latte.

Dobbiamo quindi ricordarci che se eliminiamo tutti i latticini, priviamo il nostro corpo di calcio e vitamina D, che devono essere integrati; e che se lo facciamo perché non vogliamo assumere gli estrogeni presenti nel latte e poi beviamo latte di soia, gli estrogeni li assumiamo lo stesso, e dobbiamo sapere che anche i fitoestrogeni rendono sterili, lo sanno bene gli allevatori di ovini che in Australia davano il trifoglio alle loro pecore.

In generale ci stiamo iperalimentando con qualunque cibo ed essere più morigerati male non ci farebbe, ma questo atteggiamento è ben lontano dall'incriminare gli alimenti, che sono lì per il nostro sostentamento.

Per concludere, ricordiamoci sempre che aveva ragione Paracelso quando diceva che è la dose che fa il veleno.

Fonti:
Silvia Bencivelli, Daniela Ovadia -  "E' la medicina, bellezza! - Perché è difficile parlare di salute" - Carocci editore
Walter Caputo, Luigina Pugno -  "La pizza al microscopio - Storia, fisica e chimica di uno dei piatti più amati e diffusi al mondo" - Gribaudo editore
Piergiorgio Giorilli, Elena Lipetskaia - "Il grande libro del pane" - Gribaudo editore

Luigina Pugno

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